Lei ha scritto che i rurali non possono più impugnare parecchie graduatorie ormai pubblicate da tempo, e tra queste c’è anche quella delle Marche.

Due colleghi rurali, però, mi hanno riferito con una certa sicurezza che la Regione Marche sarà costretta a rifare interamente la graduatoria a seguito di una sentenza del Tar: se è così, i rurali potrebbero far valere le loro ragioni come riconosciuto dal Consiglio di Stato?

Oppure, come abbiamo letto oggi in una pubblicazione, una legge potrebbe risolvere prima e meglio questo nostro problema?

 

Come si vede dal titolo, di tutto un po’.

La Sua email pone infatti questioni diverse ma riconducibili alla stessa maxi-vicenda concorsuale che imperversa da oltre tre anni e possono quindi essere trattate insieme, anche se brevemente.

 

  • La graduatoria marchigiana

 

Le cose non stanno proprio come Le hanno riferito ma potrebbero non discostarvisi più di tanto.

Il Tar Marche, infatti, in un ricorso proposto da tre concorrenti (forse in associazione tra loro) contro la graduatoria ha disposto, con ord. n. 900 dell’11/12/2015, l’integrazione del contraddittorio “nei confronti dei candidati che precedono in graduatoria

[perciò, curiosamente, non nei confronti di tutti i candidati utilmente graduati, come invece avevano scelto di operare i Tar di Liguria, Toscana e Lazio], consentendo tuttavia la notifica per pubblici proclami sulla piattaforma informatica.

E questo perché, secondo i giudici marchigiani, “il ricorso potrebbe risultare fondato quanto meno nella parte in cui si contesta l’interpretazione del criterio di cui all’art. 6 comma 1 lett. c) del DPCM n. 298/1994, poiché la dizione “specializzazioni universitarie… relative alla facoltà di farmacia” non sembra doversi rigorosamente intendere solo come “rilasciate” da detta facoltà, ma, in senso ampliativo, comunque attinenti ai relativi settori scientifici come le materie oggetto della prova attitudinale in cui compare farmacologia, anche se rilasciate da altre facoltà attinenti (come Medicina e Chirurgia)”.

Il ragionamento sotteso a questa ordinanza è il solito: l’accoglimento nel merito del ricorso – che, come abbiamo appena riferito, “potrebbe risultare fondato” – comporterebbe la revisione di tutte le partecipazioni per le quali il criterio di cui all’art. 6 cit. si rivelasse non correttamente applicato secondo quanto appena osservato, con l’obbligo conseguente di procedere alla stesura e approvazione di una graduatoria del tutto nuova rispetto a quella oggetto dell’impugnativa.

Anche se personalmente non condividiamo appieno le notazioni del Tar sulle specializzazioni universitarie, c’è il sospetto – sicuramente non campato in aria, leggendo l’ordinanza – che il ricorso possa essere accolto (la discussione sembra sia stata fissata a breve) con le conseguenze già dette.

In tale evenienza, pertanto, tutti i “rurali” che ne ravvisassero nel concreto l’interesse potrebbero intervenire nell’eventuale fase di rifacimento della graduatoria invocando l’applicazione del dictum del Consiglio di Stato, con quel che ne potrebbe derivare: l’impugnativa, cioè, della nuova graduatoria da parte dei “rurali”, se inascoltati, ovvero degli altri concorrenti nel caso opposto.

Tutti i partecipanti al concorso marchigiano, insomma, si ritroverebbero in astratto più o meno nella stessa situazione in cui versano oggi, in particolare, i partecipanti – “rurali” e “non rurali” – al concorso abruzzese e a quello sardo, oltre a quelli che stanno partecipando ai concorsi ancora in via di espletamento.

Naturalmente, però, sia per l’impugnativa ora pendente al Tar Marche, che per i ricorsi  eventualmente proposti contro l’ipotetica nuova graduatoria, i conti andranno fatti comunque dinanzi al Consiglio di Stato.

Ma qui si innesta l’altro aspetto sollevato nel quesito.

 

  • Sulla maggiorazione ai “rurali” (e sulla contitolarità o titolarità pro quota di matrice ministeriale ed emiliana) può intervenire direttamente il legislatore?

 

È quel che invoca su Farmacista33 (cui il quesito probabilmente si riferisce) il Prof. Maurizio Cini, un farmacista attento osservatore anche delle “cose” concorsuali e, ci pare, amante degli aspetti giuridici, anche i più delicati, del diritto delle farmacie.

Cini considera la fase di conversione del dl. Milleproroghe come l’“occasione a portata di mano” per indurre il legislatore [che da noi è da tempo l’Esecutivo] a intervenire con disposizioni interpretative – si tratterebbe perciò di “interpretazioni autentiche”, che come tali operano in pratica ex tunc – dirette a rimuovere questi due grossi macigni.

Crediamo poco o nulla, per la verità, nel “Milleproroghe” (la Corte Costituzionale infatti non ne vuole da tempo più sapere di provvedimenti minestroni che contemplino tutto e il suo contrario), e pensiamo piuttosto al ddl. Concorrenza, che sarebbe forse la sede ideale, anche se i tempi della sua approvazione si stanno allungando notevolmente rischiando così di risolvere molto tardi anche questi problemi, se mai potranno essere risolti.

Ma condividiamo l’idea di fondo dell’“interpretazione autentica”, che però è una  strada, pur evidentemente impervia, che si può tentare ragionevolmente di battere soltanto per l’assurda vicenda della contitolarità, anche perché  l’esito che noi tutti auspichiamo è lo stesso che ha indicato anche il Consiglio di Stato (che almeno qui non è dunque incorso in alcun infortunio) affermando in termini non equivoci, anche recentemente, che la titolarità di una farmacia  – ove conseguita da più farmacisti congiuntamente – pertiene alla società come tale tra loro costituita.

Questo rimedio pensiamo invece sia nella sostanza impraticabile per la “questione rurali”, dato che la sua risoluzione – in una direzione o in quella contraria – non può essere certo “a costo zero” come l’altra, ma è destinata a mietere vittime in uno schieramento o in quello opposto, e quindi come possiamo seriamente confidare che ci sia qualcuno nell’Esecutivo o dintorni in grado, come persona o come istituzione, di assumersi l’onere e la responsabilità anche politica di scegliere da che parte stare?

Ma la vicenda-rurali e la vicenda contitolarità – come abbiamo sottolineato nella Sediva news dell’11/01/2016: “Le imbarazzanti oscurità sulla maggiorazione ai rurali a seguito della sentenza del CdS” – potrebbero essere risolte, e qui non condividiamo perciò il pessimismo di Cini, prima di quel che si possa pensare, e magari prima ancora dell’eventuale intervento legislativo, perché il Consiglio di Stato, pur se soltanto nella fase cautelare, potrebbe essere chiamato a sciogliere questi nodi anche molto presto.

Questo articolo sul concorso straordinario farmacie è stato redatto dallo Studio associato Bacigalupo – Lucidi eSediva Srl