L’accettazione di una Sede Laziale sub judice – quesito

 

Ci è stata assegnata nel Lazio una delle sedi sub judice e non abbiamo potuto far altro che accettarla, anche perché, secondo quanto voi stessi avete indicato, possiamo sempre rinunciare alla sua apertura o comunque far decorrere i 180 gg. dall’accettazione.

Ma la sede è di una certa importanza e non vorremmo perderla.

Vi chiediamo se, secondo la documentazione che vi produciamo, ritenete probabile che il ricorso contro questa sede sia accolto dal Tar e sapere anche approssimativamente quali sono i rischi che corriamo in questa ipotesi.

 

Intanto, i famosi 180 gg. inizieranno a decorrere soltanto dalla data di assegnazione definitiva e non da quella dell’accettazione, anche se i bandi fanno riferimento proprio a quest’ultima; e dalla stessa data decorrono anche i 30 gg. per l’indicazione dei locali e il pagamento della tassa di concessione regionale (ove prevista e/o dovuta, come prevista e dovuta è nel vs. caso).

A proposito dei 180 gg., vale la pena sottolineare che le Regioni stanno condividendo l’opzione di rinviare l’avvio del secondo interpello al decorso dell’intero periodo, così da includere – tra le sedi da offrire ai “secondi interpellati” – anche quelle dalla cui assegnazione siano decaduti gli originari vincitori per la mancata apertura della farmacia  entro quel termine.

Così ha operato la Toscana, seguita ora dal Piemonte (e sono queste le sole due Regioni giunte per ora al secondo interpello) ma ben presto si comporterà allo stesso modo anche la  Puglia e poi verosimilmente anche l’Emilia.

Tutte le Regioni stanno comunque scegliendo opportunamente di adottare un formale provvedimento – sede per sede o unico per tutte le sedi – di assegnazione definitiva, che segue naturalmente l’accettazione da parte di ogni  “candidatura” della sede assegnatale provvisoriamente in dipendenza della rispettiva posizione in graduatoria e dell’ordine delle preferenze espresso in risposta all’interpello.

L’assegnazione definitiva è contenuta in un provvedimento talora diverso da Regione a Regione: può trattarsi di un atto dirigenziale, di una determina, di una deliberazione di G.R. oppure – come in Emilia Romagna, dove la Regione riesce a distinguersi straordinariamente anche sotto quest’aspetto – di un duplice intervento, uno di carattere programmatico della Giunta e l’altro, unico per tutte le 119 sedi assegnate in via definitiva a seguito del primo interpello, del Direttore Generale competente per la materia.

Senonché, la sequenza procedimentale – che per ogni tornata di assegnazioni, sempre di esclusiva competenza regionale, si compone di 5 fasi (interpello, risposta all’interpello, assegnazione provvisoria, accettazione, assegnazione definitiva) – può addirittura in qualche caso restare al palo o essere interrotta per le ragioni più varie.

Ad esempio, mentre in alcune regioni (come Umbria, Marche e Veneto) la procedura non è ancora neppure partita nonostante l’avvenuta pubblicazione della graduatoria definitiva [che è tuttora provvisoria in Abruzzo e Basilicata], invece in Puglia e nel Lazio è stata bensì avviata, ma poi sospesa e riavviata per un paio di ordinanze dei giudici amministrativi o per precedenti carenze di informazioni agli interpellati.

E infine in Lombardia una recentissima ordinanza del Tar – che somiglia tanto a un provvedimento amministrativo [ma ormai i Poteri dello Stato, con buona pace di Montesquieu, fanno quasi a gara per straripare dalle loro attribuzioni: si pensi soltanto alle sempre più numerose leggi-provvedimento] – comporterà l’immediato rifacimento della graduatoria (per i tre ricorrenti o per tutti i concorrenti?).

Venendo infine al vs. caso specifico, sembra tutt’altro che certo che la Regione  Lazio, ancor più tenuto conto proprio del precedente lombardo, proceda immediatamente alle assegnazioni definitive, perché anche qui pendono alcuni ricorsi contro la graduatoria e in ogni caso – stando anche alle enunciazioni della Determinazione dirigenziale n. 1640 del 26/2/2016 – le assegnazioni definitive delle sedi sub judice parrebbero comunque destinate a essere rinviate in attesa della definizione, via via, dei ricorsi contro la loro istituzione, o, al più, si tratterebbe di assegnazioni “sotto condizione risolutiva espressa correlata all’esito del giudizio pendente”, e perciò, in realtà, non definitive.

Si spiega allora l’interesse da parte vostra a una rapida decisione del ricorso al Tar Lazio avverso il provvedimento che ha istituito nel 2012 la sede assegnatavi, e in tal senso sarà opportuno fare pressioni sul Comune (sicuramente costituitosi in questo giudizio) perché si muova sollecitamente per una fissazione in tempi brevi dell’udienza di discussione del ricorso, se del caso invocando anche l’indiscutibile interesse pubblico sotteso alla necessità dell’apertura al pubblico dell’esercizio neoistituito.

D’altra parte, potreste essere voi stessi – essendo pienamente legittimati a farlo – a intervenire ad opponendum nel giudizio e far valere la vostra (nuova) posizione di assegnatari della sede e produrre proprio voi l’istanza al Tar.

È facile inoltre comprendere che in queste evenienze i ricorrenti – che mirano sì alla soppressione della sede, ma verosimilmente anche, in via subordinata, a rinviare quanto più possibile la sua assegnazione/attivazione – non faranno granché per una pronta definizione del ricorso, specie ove ritengano improbabile il suo accoglimento e magari ritengano che la spada di Damocle del giudizio pendente possa nelle more scoraggiare i vincitori e indurli a rifiutare l’assegnazione.

Ma perlomeno nella vs. vicenda i precedenti fanno pensare fortemente a un rigetto dell’impugnativa, soprattutto considerando che qui il ricorso è stato incentrato – se trascuriamo questioni di principio ampiamente definite dal Consiglio di Stato in senso contrario alle censure prodotte – soltanto sulla collocazione della sede in una zona periferica ma non “abbastanza periferica” (come nella sostanza assume il ricorrente) del territorio comunale, ed è dunque ragionevole credere che il Tar non si discosti dalla giurisprudenza, al riguardo ormai consolidata, che ritiene insindacabile questo genere di scelte se non dinanzi a errori macroscopici o gravi irrazionalità in cui sia incappata, in termini agevolmente rilevabili dal giudice, l’amministrazione comunale.

In conclusione, ribadita l’opportunità che – nel caso in cui la Regione tenga fede al proposito dichiarato di rinviare l’assegnazione definitiva della vs. sede all’esito del ricorso al Tar – voi tentiate di accelerarne la definizione e/o riteniate di intervenire formalmente nei confronti dell’amministrazione regionale perché adotti senza indugio (sia pure sottoponendolo a quella “condizione risolutiva”) il provvedimento di assegnazione, ci sembra che possiate confidare serenamente nel buon esito finale di questo vs. calvario, in cui quindi nel concreto il problema dei 180 giorni [salve insuperabili difficoltà nel reperimento dei locali] almeno per voi non dovrebbe neppure porsi.

Se invece, come evidentemente nessuno può escludere del tutto, il ricorso fosse accolto, ne deriverà “automaticamente” – come riferisce il citato provvedimento dirigenziale – la “decadenza” della vs. candidatura dall’assegnazione della sede, che per voi diventerà  pertanto autenticamente definitiva solo “in corrispondenza del passaggio in giudicato della sentenza comportante esito negativo per l’attuale ricorrente nel giudizio”.

L’ulteriore conseguenza sarà la vs. inclusione nell’elenco dei “secondi interpellati”, oltre a dover sopportare fatalmente gli oneri – ingenti o meno ingenti – connessi agli investimenti eventualmente operati medio tempore per l’attivazione della farmacia, solo in parte compensabili con l’assegnazione di una sede nella seconda tornata.

Però, lo ribadiamo, ci pare sia un rischio che possa valere la pena correre.

Questo articolo sul Concorso Straordinario Farmacie è stato redatto dallo Studio Associato Bacigalupo – Lucidi Sediva Srl